Come nasce il lavoro coreografico di Marco Batti?
Tutto parte dall’idea di narrare una storia, un racconto, presentandolo al pubblico attraverso la danza; ogni passo è dunque medium di un messaggio, un insieme decifrabile di movimenti ed immagini. Il coreografo, per me, è uno scrittore, ogni passo una parola, ogni legazione una frase. Questo mette alla prova l’abilità del ballerino, che deve andare oltre alla mera resa tecnica attribuendo ad ogni gesto il significato da trasmettere, a volte in maniera più intima, a volte più leggibile.

Il mio processo creativo inizia con una ricerca e selezione di idee e linee strutturali, con la scelta accurata del senso che si andrà a raccontare, evolvendo poi nella definizione delle personalità o dei ruoli suoi cui si erigeranno le scene, le immagini o le trame, i danzatori stessi.

Le prove in sala si focalizzano sulla restituzione finale, ciò che il pubblico andrà a percepire. Capita che io monti un brano, una sequenza, e che sebbene questo il lunedì funzioni, a ben vederlo il martedì mattina questo perda parte del suo significato, anche solo perché il danzatore esegue un movimento in maniera leggermente diversa dal giorno precedente. Quando accade questo, “butto tutto” e ricomincio: non ho paura di ricominciare, di cambiare idea, di pensare che si possa giungere a qualcosa di migliore; allo stesso modo guardo i miei spettacoli con l’occhio di uno spettatore attento, critico e pieno di aspettative che voglio, cerco, vengano sempre ripagate.

La produzione coreografica di Marco Batti è intrinsecamente legata al Balletto di Siena compagnia nata e subito a lui affidata, mettendo presto alla prova lo spirito creativo del suo direttore. Attraverso i corpi degli artisti e dei ballerini del BdS, Batti firma negli anni numerosi produzioni di successo; accanto a titoli dai temi o dalle movenze più contemporanee ed attuali come Lucifero (2012), Reshimu (2013), Butterfly (2014), Carmen, el traidor (2015), L’autre histoire de Manon (2016) o Il Lago dei Cigni (2018), Batti firma titoli che si affidano a movenze e tecniche deicsamente più classiche: Grande suite classique verdiana (2013), Fellini -la dolce vita di Federico (2019), I temperamenti dell’amore (2021) o Callas canta Puccini (2023).

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